giovedì 17 dicembre 2015

I poli di una pila

Oggi è un giovedì soleggiato.
Oggi vi parlerò un po' nel dettaglio di quello che mi sta accadendo nell'ultimo periodo.

Passo cinque giorni su sette dove lo sconforto mi divora. Ma oggi è uno di quei due restanti giorni buoni. Lo sfrutto.
Vi parlo di quello che cerco.
Ma prima vi citerò una parte di un libro che ho finito di leggere pochi giorni fa.


<<[...]E' soltanto l'incontro degli 
opposti che genera l'unità. Immagina i poli di una pila:
il maschio ha il segno Più, la femmina il segno Meno.
[...]L'anima è femminile - segno Meno - negli
uomini come nelle donne. Ma a farti desiderare l'amore
non è l'anima e neppure il corpo fisico.>>
<<E che cosa, allora?>>
<<L'energia creatrice, che cambia in base al sesso. Nel
maschio ha il colore bianco della luna ed è femminile: 
segno Meno. Ma nella femmina ha il colore rubino del sole
ed è maschile: segno Più. Hai capito?>>
<< Più o meno.>>
<<La femmina dentro di te desidera fondersi con il
maschio che le corrisponde, e che si trova dentro una donna.
E' questo il gioco eterno dell'amore.
[...]Parliamo di energie, Tomàs. L'uomo cerca nella sua
donna la risonanza della propria energia femminile. Così
come ogni donna cerca nel suo uomo il corrispettivo della
propria energia maschile. E' questo impulso a procurare la
sensazione magica dell'innamoramento. L'amore è una calamita
che entra in azione quando il tuo esterno è la copia
dell'interno di un'altra persona. Solo incastandoti con lei
ti sentirai completo.>>

L'ultima riga delle favole, di Massimo Gramellini. 
Un libro che fa davvero riflettere.
Allora rifletto.

La mia situazione con Ed è cambiata un po', ma solo leggermente. Gli ho praticamente dichiarato il mio interesse, qualche settimana fa. E lui mi ha risposto che vorrebbe conoscere la mia cosiddetta "parte oscura del cuore", prima. Lo aveva scritto ridendo. Poco dopo ci siamo salutati. 
Risultato? Tolto un peso ne ho aggiunto un altro: il limbo.
Consumammo così uscite dopo uscite. La cosa si è sempre fatta un pelo più tenera, ogni volta. Qualche abbraccio caldo, qualche bacio sulla guancia, il solito gioco del riscaldiamoci le mani a vicenda. Ho sempre pensato: quali sono i suoi segnali? Cosa vuole farmi capire? Così ho passato le ultime giornate a pensarci come una dannata, a ripercorrere tutti i momenti passati insieme, tutte le frasi dette, ogni singola telefonata. Cosa devo aspettarmi? Andavo in crisi per ogni minima cosa. Non lo sentivo per un giorno intero? Crisi. Mi dava buca per qualche impegno improvviso? Crisi. Una risposta che non arrivava? Crisi. Le sue amiche? Crisi.
Due sere fa cominciavo a sentirmi di nuovo oppressa. Sentivo di nuovo quella sensazione. Stava per accadere qualcosa, e me lo sentivo. La sentivo più del mio stesso respiro. Intanto messaggiavo con lui. Mi sentivo strana, sentivo che le parole dovevano uscire, che stavano per uscirmi. 
Così abbiamo parlato.
Gli ho ricordato il mio interesse, perché detto sinceramente pensavo se ne fosse quasi dimenticato. E lui non capiva quale fosse il problema. Mi chiese:

-Vuoi che ci mettiamo insieme?

Era una curiosità, non una richiesta.
Gli risposi che avevo paura, e che forse non era proprio il momento giusto.
Non lo è, e una sua frase precedente me lo ha fatto capire:

-Ali, mi conosci male per dirlo in questo momento. Ci conosciamo poco.

Verissimo. Ma poi mi son chiesta: cosa mi porta ad essere attratta da lui? 
La bellezza? No. Il carattere? No. L'idea. Semplicemente l'idea che mi sono fatta di lui. Quell'idea che mi porta ad essere curiosa, e a voler portar avanti questa conoscenza. Sono attratta dall'idea che ho di lui, la stessa che potrebbe deludere le mie aspettative. Ma se si dovesse rivelare esattamente come me lo immagino, allora credo che per la prima volta potrei provare qualcosa, qualcosa di bello e unico come l'amore.
Anche se lui non capisce cosa, in questo momento, potrebbe farmi stare male.
L'interesse c'è, esiste, anche se Ed lo conosco poco. E' praticamente ovvio che potrei rimanerci male se dovesse rifiutarmi. Ma non lo ha fatto.

                                                      Ho interesse.-

-Anch'io 

                                       Che tipo di interesse?-

-Oltre una semplice amicizia
 Ma non voglio correre davanti al treno
 Andiamo con calma
 Capiamoci fino in fondo

Il che, fosse anche lo 0,01% di interesse, la speranza mi si riaccende.
Non c'è bisogno di illudersi, ma forse per una volta ne vale la pena. 

Ho sempre e solo creduto che l'amore fosse quello dei film, quello dei libri e delle favole. Ho sempre pensato che l'amore, quello vero, fosse quello del primo sguardo. Che una persona la reputi giusta solo guardandola negli occhi. Mi sbagliavo. Bisogna prima scoprire l'interno di una persona, scavare fino a capire quale sia il corrispettivo del suo segno (Più o Meno che sia), e se quel segno corrisponda esattamente a noi. 
L'altra cosa che devo ancora conoscere è il mio segno Più, ma credo che l'idea che mi sono fatta su Ed sia il mio segno Più. Il mio ideale, no? Se dovessi scoprire che la mia energia maschile non corrisponde a lui, allora, a quel punto, capirò che non è la persona giusta. 

<<Morena non era la tua anima gemella.>>
<<Ma io la desideravo.>>
<<Una persona non diventa giusta solo perché tu la desideri.>>

La forza creatrice e le energie devono incastrarsi alla perfezione. Sia da una parte che dall'altra. Se il mio Più è lui, ma io non sono il suo Meno, allora la mia ricerca dell'amore non finirà di certo con Ed. 

La speranza, comunque, mi darà la forza di continuare e di capire. Vi aggiornerò.





sabato 12 dicembre 2015

Disordine 99% complete.

Oggi giornata grigia.

Purtroppo ultimamente le buone giornate le posso contare sulle dita di una mano.
Scarse. Troppo rare.
Il grande problema è che non butto giù nemmeno una lacrima, e il mondo di certo non gira dalla mia parte. Così le emozioni mi si ammassano sul petto, e da lì non si schiodano.
Di cosa ho bisogno ancora una volta?
Perché davvero, me lo chiedo ogni giorno: ma non ti basta quello che hai?
Vorrei potermelo far bastare, e ci provo. Ma qualcosa dentro di me si è rotto tempo fa, e non so cosa sia, e no, non sono in grado di ripararlo da sola.

Ormai le giornate passano perché devono passare.
Mi sveglio, apro gli occhi, e la prima sensazione che sento ha la stessa concretezza che può avere un pugnale ficcato in mezzo al petto. La sento, è pesante e dolorosa da reggere. E mi danno per essermi svegliata.
Giorni, come oggi, in cui la sensazione me la porto dietro tutto il tempo. Mentre cucino, in bagno, sotto la doccia. Ovunque. Fino alla sera, il momento peggiore della giornata.
Ma io attendo. Aspetto sempre che qualcuno di importante si ricordi di me. Che qualcuno mi distragga. Ma a volte resto semplicemente sola, e basta.
Giorni in cui esco con amici. Parlo, scherzo, mi diverto.
Alcuni amici hanno più tatto di altri, e riescono a distrarmi. Certi invece se ne escono con frasi del tipo "ma non stavi facendo la dieta?". Come se il mio essere Alana venga sempre associato alle parole: DIETA, GRASSA, PSICOLOGA.
La mia vita non è fatta solo di questo. O forse sì.

Non so più cosa voglio. O semplicemente quello che voglio non posso averlo. Quindi non mi resta nulla. Assolutamente nulla. A parte, naturalmente, la schifosa sensazione in mezzo al petto.
E' vero, basterebbe alzarsi e cambiare le cose. Ma quando i desideri sono associati ad una persona, non puoi essere tu a decidere, non sempre.
E allora nulla, si attende. Forse si attende un momento migliore.

Sapete, chi per molto si è adagiato su un letto di tristezza, e ci è rimasto, bastano piccole cose per far sentire un'emozione persino più forte della felicità. A me ogni tanto capita, e non avete idea di come vorrei non passassero mai momenti del genere. Vorrei poterli registrare, per poi guardarli più volte, e sorridere ripensandoci.
Sembra quasi di essersi ubriacati, talmente è leggera l'emozione.
Ma come le brutte giornate, anche quelle belle passano, e lo fanno anche più in fretta.

Trovo che questo post sia disordinato. Pensieri. Uno dietro l'altro, senza un ordine.

Cuffie alle orecchie. Volume 10. Rachel Sermanni, Everything Changes.
Piangi. Dai.
Niente.
Come se il mio corpo non accettasse i miei sentimenti.
Come se non corrispondessero nemmeno alla mia persona.
Nemmeno una lacrima.


"Solo lui può consolare
questo cuore spezzato a metà
il mio audace marinaio
prima o poi arriverà.
C'è un'audace marinaio
che attendo dentro al cuore
non conosco il suo nome
ma ho bisogno del suo amore."

Mi basterebbe. Davvero Ed. 


giovedì 10 dicembre 2015

(Niente) andrà tutto bene.

Mi sento come una donna di novant'anni, sola e alla fine dei suoi giorni.
Ho collezionato ogni tipo di rifiuto, ogni tipo di sentimento malato, lì, sul fondo della mia anima. Melma appiccicosa, che non intende staccarsi dalle pareti del mio corpo.
Ma con che forza mi alzo al mattino, se nella mia quotidianità non ho nulla? Con quale coraggio mi preparo ancora il pranzo?
Esistono sere in cui mi abbuffo di qualsiasi cosa, purché sia commestibile, per poi berci sopra uno dei vini più scarsi. Sere in cui mi sdraio sul pavimento gelido, e mi godo l'effetto dell'alcool e di una pancia piena, sperando che quell'effetto svanisca il più tardi possibile. Perché poi sapete cosa? Ci si sveglia e si ricomincia. Le cattive sensazioni non vedono l'ora di tormentarmi non appena apro gli occhi. Perché poi uno deve fare i conti con la realtà, e allora non importano i sogni che si fanno. Quei sogni di quel bacio che tanto attendi, o dell'acqua cristallina in cui vorresti tanto farti un bagno. Niente più conta al risveglio. Perché i sogni sono solo sogni.

Le notti vorrei non addormentarmi.
Le notti vorrei uscire di casa, con pochi vestiti addosso, e farmi avvolgere dalla nebbia, e sentire il gelo d'inverno penetrarmi come aghi nelle ossa.
Le notti vorrei sentire il freddo ferirmi, così che l'attenzione si sposti sul dolore fisico, e non sentimentale.
Se vivessi di fronte al mare, mi immergerei nell'acqua nera e silenziosa. Uscirei di casa in vestaglia, per poi farmi inghiottire dall'ignoto.
Se vivessi di fianco ad un bosco, uscirei con l'intenzione di perdermi in mezzo alla fauna addormentata, per poi attendere che la paura si faccia avanti.
Ma perché non riesco a far tacere il mio tormento?
Perché mi sento dannata?

Alana, niente andrà bene.
Alana dovrà rassegnarsi.

Non ci si salva da se stessi, e non possiamo aspettarci che qualcuno lo faccia al posto nostro.
E allora che senso ha?
Allora cosa ci dobbiamo aspettare?

L'amore non fa per Alana.
Alana non fa per l'amore.




giovedì 12 novembre 2015

La Fortezza della Finta Donna Insensibile.

Io non capisco esattamente quale sia il mio dannatissimo problema. Proprio non ci arrivo.

E' stata la mia seconda uscita con Ed. La seconda.
Credo di trovarmi davvero bene con lui, è simpatico, gentile, educato.
Io invece non so come togliermi questo dannato costume da finta donna insensibile che mi sono creata. Veramente.
Potrebbe dirmi la cosa più carina, nella storia delle cose carine da dire a qualcuno, e io risponderei con una delle mie frasi da "Hey, la dolcezza non fa per me!".
Ma perché? Perché?!
Dico cose, e poi mi picchierei malamente per averle dette.

Del tipo, ci avviciniamo ad una panchina per sederci, quando lui -Dai, facciamo anche noi la coppietta di innamorati!- scherzando.
Ora. Tenetevi forte. -No sai, ho detto che non mi sono mai innamorata e non mi innamorerò mai.-
COSA STRACAZZO HO DETTO?
Ma veramente sono così stupida?

Così ha fatto una specie di sorriso un po' mozzato dalla mia grandiosa frase, e ci siamo seduti. Io credo di essere sbiancata dalla vergogna. Dai, è come se gli avessi tirato la frecciatina del "non hai speranze con me". Perché, seriamente, io con le persone non creo muri, ma vere e proprie fortezze, con trappole, coccodrilli e ponti levatoi.
Così arrivata a casa, non sapevo più dove sbattere la testa. Poi naturalmente, presa dalla paranoia, la sera stessa ho voluto scrivergli un messaggio di scuse, che ha visualizzato e a cui ha risposto il mattino dopo.

-L'1% di te l'ho capito, manca il restante 99%.

Cavolo, dice niente! Ho continuato a scusarmi.
Visualizzato, non risposto,

Panico. Ansia.
Bon, qui è finita. Andata. Ho rovinato tutto come al solito.

Nel pomeriggio, finalmente, ricevo risposta. Spiego, a grandi linee, che c'è un motivo al mio comportamento, e che vorrei dirglielo. Così lui mi consiglia di chiamarlo la sera, e così ho fatto. Abbiamo parlato tanto, e io gli ho raccontato tutte le situazioni che avevo passato negli ultimi tre anni, e che mi avevano portata ad essere così tremendamente chiusa e fredda, una persona che non ero, insomma. Lui mi ha ascoltata, e mi ha capita. Abbiamo scherzato, come al solito, e ci siamo salutati a mezzanotte.
Ho tirato un sospiro di sollievo.
Ho dormito tranquillamente.

Così ho riflettuto a lungo. Ho riflettuto sul fatto che, proprio quando pensavo di avere la mia vita in pugno, mi sono persa.
Ho dovuto prendere parecchie decisioni in quest'ultimo periodo, decisioni anche abbastanza importanti. Ma tutto ciò non mi ha resa invincibile. Col tempo ho lasciato che la mia persona cambiasse. E così ho capito che non c'è cosa più importante dei valori in cui crediamo, e che ci caratterizzano.
L'aspetto fisico non importa a tutti. Ci sono ancora persone lì fuori, che credono ancora in dei princìpi. E io mi sono persa. Ho lasciato che la mia anima si inghiottisse anche l'ultimo buon sentimento, e ho lasciato spazio solo alla mia convinzione di dove cambiare il mio corpo.

Quindi, farò tesoro di questa esperienza, e soprattutto, proteggerò a dovere i miei valori, ciò che fa di me Alana.




domenica 8 novembre 2015

Non sempre il biglietto da visita funge.

Effettivamente non saprei proprio di cosa parlarvi alle tre del mattino.
Forse che non ho sonno, come tutte le volte.
Forse che il mio cervello funziona più la notte che durante il giorno.
Ma riflettendoci un attimo, forse, ho qualcosa di cui parlarvi.

My Mad Fat Diary ci ha insegnato che un'amicizia può cambiare per vari aspetti. Cambia se cambia il rapporto con le persone, in questo caso coi ragazzi.
Spiego meglio.
Tutti sanno che noi ragazze siamo in perenne ricerca di attenzioni. Dai, è risaputo. Anche per quelle come me, dove un complimento sembra più una presa per il culo, ecco, un "come sei bella" può letteralmente cambiarci la giornata.
Quindi, detto questo, posso assicurarvi che il rapporto con le amiche cambia, soprattutto per quest'ultimo motivo.
Entrano in gioco tanti sentimenti, che a volte si vorrebbero proprio evitare.

Ricordo una puntata di quel telefilm a cui tanto mi sono ispirata. Dove Rae e Chloe litigano per l'ennesima volta, massacrandosi di invidia l'una per l'altra. Il tutto per il ragazzo più figo del gruppo.
Ecco, io sono in una situazione molto simile.
Il punto è che per quanto possa combattere per una persona (il che, a volte, non ne vale la pena), sarà sempre Sofia a vincere.
Parlo sempre del fatto che il mio difetto, purtroppo, ha un difetto stesso: quello di essere visibile a primo impatto. Perché tutti sappiamo che l'aspetto fisico è un biglietto da visita. E il mio dice:

"BENVENUTI NELLA TERRA DEGLI HAMBURGER"

Dai, seriamente.
E' vero che il fascino dura solo i primi trenta minuti, ma se uno a primo impatto non ha proprio l'intenzione di parlarci nemmeno per cinque minuti, che senso ha? Chi vince?
Sempre la bella presenza, naturalmente.
E allora è tutto una presa per il culo. La storia del bisogna amarsi, è una presa per il culo.
Perché anche se mi amo (e legge d'attrazione insegna) e anche se entro in una sorta di positività, comunque, sarà sempre Sofia ad essere notata più di me.
Ma tutta sta roba non va bene! Non va assolutamente bene!
Perché poi le amicizie si rovinano. Perché poi Sofia viene chiamata troia, e io cicciona.
Capisco gli ormoni, e tutto, ma certe volte siamo peggio di arpie. Quando l'unica cosa che davvero dovrebbe contare è il volersi bene.
Ma se c'è un ragazzo figo di mezzo...beh allora...E' LA FINE. Soprattutto perché ora il mio biglietto da visita sembra aver funzionato diversamente.

So che prima o poi arriverà la lite. Una furiosa lite. Perché tutti sanno che la quiete, a volte, è di cattivo presagio. E qui gente, è tutto troppo tranquillo e silenzioso.
E' colpa mia, forse, ma non del tutto.
Perché mi sento di nascosto con Ed, perché ci sono uscita il giorno del mesiversario di Sofi e Robin, sempre di nascosto, e perché ieri notte ci ho parlato al telefono per più di un'ora, sempre di nascosto.
Giuro, ho tentato di dirle qualcosa, anche solo di accennarle che Ed mi mette a mio agio. Ma una sera per sbaglio me ne sono uscita con una roba che potevo sapere solo avendoci parlato in privato, e lei ha capito, così mi ha risposto con un secco e freddissimo:

-Come fai a saperlo?
                       
                 Me l'ha detto prima xD-

L' "xD" calma sempre gli animi in una chat. Poi lei mi ha terrorizzata ancor più con un:

-Ah, ma quindi vi sentite in privato?

                                 Ogni tanto xD-

PROBLEMI?!

-Pensavo non vi sentiste

Ditemi voi che devo fare. E' fidanzata con Robin ma vuole stare con Ed? Se così fosse, potrei leggermente prendermela, ma proprio leggermente, dato che il mio cazzo di numero gliel'ha voluto dare lei.
Ora, conosco Sofia, fin troppo bene. E quando parla così troppo seriamente c'è qualcosa che non le va a genio. Ma non so che farci. Se già mi risponde così per due parole scambiate in privato, figuriamoci se sa che ci sono uscita da sola. Che poi non è stato manco un appuntamento, ma una semplice uscita tra due che appena si conoscono, punto.
Mi fa male non poterle confidare nulla, non poter gioire insieme a lei di queste piccole cose. Perché lei non ne sarebbe felice, e non ne capisco l'esatto motivo.
Continua ad elogiare più Ed che il suo stesso ragazzo. Ma allora a che gioco stiamo giocando? Perché ha voluto dare il mio numero a Ed, sapendo benissimo che era lei la prima a cui piaceva? Non ne capisco assolutamente il senso. Sii sincera. Ma sii sincera soprattutto con te stessa. Perché mandare avanti una relazione assaporandosi la bellezza di altri ragazzi, non è il massimo, a mio avviso.

Comunque la storia del giorno del mesiversario è assurda, e forse è stato uno dei segnali che mi ha fatto capire che in realtà ci tiene ben poco a vedermi contenta.

Spiego.

Martedì dovevamo vederci, tutti insieme. Perché, anche se in teoria festeggiavano un mese, Robin lavorava a cena, e non avrebbero potuto fare nulla di particolare. Così avevamo deciso di organizzare per andare a trovarlo a lavoro, fidanzata e amici. Il fatto è che, ad un certo punto, Sofia ci ha avvisati che Robin non avrebbe lavorato, e che quindi avremmo potuto fare le cose tranquillamente.
Ora, se il mio ipotetico e futuro ragazzo dovesse avere la giornata libera, in più il giorno del nostro primo mese, sinceramente coglierei la palla al balzo. Così io e Ed abbiamo abbastanza insistito per far si che festeggiassero da soli, perché ci sembrava giusto così.
Non l'avessimo mai detto.
Sofia ha cominciato ad alterarsi, perché ormai avevamo organizzato di uscire tutti insieme. Il punto era che il mesiversario era il loro, mica il nostro. Noi non c'entravamo assolutamente nulla.
In più era già un po' di tempo che litigavano fra loro, necessitavano di intimità.
Io e Ed abbiamo insistito con la nostra idea.
E lui ha così colto l'occasione:

-Ali, allora se hai voglia ci possiamo comunque vedere noi due!

Potete immaginare i salti di gioia che ho fatto, no?

-AUDIO DI SOFIA
*Stiamo organizzando, dategli il tempo di rispondere! E poi decidiamo noi, quindi NON PRENDETE IMPEGNI!!!!*

Potete immaginare la carogna che mi è salita, no?

Alla fine della fiera io ed Ed abbiamo insistito rimanessero soli, lei si è incazzata, Robin pure, e io sono uscita con Ed senza farmi troppi problemi. Anzi, quelli che hanno problemi sono loro, che non hanno il coraggio di rimanere soli, perché probabilmente manco si piacciono.

Quindi, gente, per una volta la cicciona ha vinto.

To be continued...







domenica 1 novembre 2015

La sbronza dell'ipocondriaca.

Sono un'ipocondriaca un po' particolare.
Normalmente penso ogni giorno che i miei dolori siano i sintomi di qualche strana patologia, che sicuramente mi porterà a non avere più di un mese di vita. Ma quando mi sbronzo tutto cambia.
La strada era così attraente ieri notte.
C'è stato un momento, mentre passeggiavo sola con Ed, dove l'idea di essere investita da qualche macchina sembrava più accogliente e meno dolorosa dello stare lì, affianco ad un tipo che sembrava un miracolo sceso in terra.

Ma partiamo dal principio di codesta magnifica serata.

Ok, a parte il fatto che prima di uscire di casa, mi sono preparata una bella e sanissima insalata di paranoie, ansia e disagio, condita con un filo di bassa autostima e un pizzico di tachicardia.
In macchina con due mie amiche e Sofia, mi sentivo svenire. Ero attaccata ai sedili della macchina come se mi stessero lanciando nell'universo con una navicella spaziale. Infatti guardavo la luna come per dire "aspettami, sto arrivando". Ma oltre a questo, ad un certo punto sento Sofia esultare, così di botto. Io già avevo il cuore in pappa, in più lei mi fa prendere certi colpi, eh!
-Robin ha detto che sta venendo in centro con noi!-
Robin sarebbe il suo ragazzo, quello con cui ha litigato fino al giorno prima.
-Ma Ed lo sa?-
Così, tanto per parlarci, e tanto per sapere dove ci aspettava, ho scritto ad Ed.
Alle fermate. Ok. Ci aspettava alle fermate, e lui era già lì.
Fremito al cuore, stomaco che si contorce.

Trovato parcheggio andiamo verso la fermata, e mentre Sofia parlava con Ed al cellulare, dopo averlo chiamato una trentina di volte, io mi fermo per dire una cosa alle mie due amiche. Ad un certo punto spunta un viso familiare, molto familiare.
Colpo di fulmine da 500 V.
E' bello.
Bello, troppo bello.
L'ho già detto che è bello?
Ed spalanca le braccia come per dire "Oh, eccoti!", io invece lo guardo come per dire "MA PORCA EVA DA QUALE PARADISO ARRIVI?!"
Intanto Sofi aveva attraversato la strada trafficata, pensando di parlare ancora con Ed al cellulare.
-Ma scusami, pensa ancora di parlare con te?-
Ride. -Sì! Vediamo entro quanto se ne accorge.-
Appena Sofia si gira lo vede, gli corre incontro come fosse il suo ragazzo. Lo abbraccia, e se lo stringe. Giusto, mi ero dimenticata che lei potesse farlo, a differenza mia.
Insieme decidiamo dove andare. Naturalmente a bere.
Voglio dimenticare persino il mio nome, la scena di prima, e le scene future.
Che ragazza per bene, che sono.
Una volta, tra l'altro, mi ricordo di aver letto un articolo, dove citava che: la maggior parte delle persone che in età infantile, o adolescenziale, hanno seguito una dieta, avrebbero avuto più possibilità di diventare degli alcolizzati in futuro. Credo di essere l'esempio.
Ma comunque, ringraziamo che molti dei miei amici sono persone per bene, e non come me, quindi se devo sbronzarmi, lo faccio una volta ogni tre mesi.

I problemi, più o meno, son cominciati quando è arrivato Robin.
Come se nulla fosse accaduto bacia Sofia, ci saluta e comincia a fare l'idiota col suo amico Ed. Va bene, intanto andiamo a cercare un altro posto dove fermarci.
Vedo Sofia giù, perché i due "boys" erano a circa dieci metri dal gruppo, fregandosene altamente.
Mi basta dirle due parole che Robin ci vede, si gira e prende Sofi da parte. Intanto Ed mi parla. Scherzo sul suo sacchetto da classico tamarretto di strada, e ci facciamo due piccole risate, ma proprio piccole.
Sono brutta, e nemmeno simpatica. Ottimo.
Di colpo tornano, e andiamo a bere.
Dopo qualche litigata tra i due fidanzati, qualche bevuta e qualche risata, le mie due amiche tornano a casa. Così restiamo in quattro in un bar.
Io chiacchieravo affianco a Ed, un po' a rallenty, dopo il long island che mi aveva offerto.
Abbiamo parlato di musica, del fatto che mi ha sentita cantare e suonare, di scuola e lavoro. Comunque mi è sembrato un tipo abbastanza a posto.
Bon, ci alziamo e ce ne andiamo. Robin decide di portarci in una specie di parco, fottutamente isolato dal mondo. La coppia cerca di lasciarmi sola con Ed, cacciandomi e illudendosi che davvero sarebbe accaduto qualcosa. Ed mentre passeggiava in mezzo all'erba mi fa segno, come per dire "no no, vai con loro" scherzando. O almeno spero.
Così cominciamo a passeggiare da soli.
Ora, qui arriva l'apice della mia follia. Pronti?

Mentre mi parlava di qualche sua avventura da teenager, io ho sentito passare nella mia testa un'idea veloce, malsana. Era una sofferenza star lì e ricordarsi di quanto io fossi un disastro, un aborto di ciccia e carne, e niente di più. Come se non fossi una persona, come se non provassi sentimenti, come se non fossi un essere vivente. Forse avevo persino smesso di ascoltarlo.
Mi sono girata dal lato opposto, e mi sono soffermata sul rumore delle auto, che passavano a grande velocità sul corso, di fianco al parco. Ricordo di aver pensato molto velocemente "Ora salgo lungo la strada e attraverso senza guardare". 
E' stato quasi impercettibile. Ma io mi vedevo già camminare verso le macchine.
-...e comunque poi sono uscito dalla casa, e mi sono ritrovato con le ginocchia sulla neve, a pregare, non si sa per quale motivo!-
E io amo il tuo modo di parlare, dannazione.
Mi giro. Occhi azzurri. Splendidi occhi azzurri.
Sorrido.



Verso le tre del mattino Robin torna a casa. Rimaniamo solo io, Sofi e Ed, seduti su una panchina in mezzo al parco sperduto.
I due, sempre trattandosi come stessero insieme, parlavano di storie amorose, e vecchie frequentazioni. Il tutto mi arrivava leggermente in ritardo, colpa dell'alcool.
Poi arriva la fatidica domanda fatta da Ed.
-Tu Ali? Storie amorose?-
Mo'? Che cazzo racconto?
-La faccio abbastanza breve. In primis, non sono mai stata innamorata in vita mia...-
Solita roba che faccio, mi do le sprangate sui denti da sola. Frasi taglienti come bisturi.
-...poi sono stata con un tipo che non ha mai voluto baciarmi o tenermi per mano; poi con uno che, dopo cinque mesi, ancora non voleva mettersi con me per la vergogna...peccato che quando ho deciso di tagliare i ponti, ha pianto come un poppante; l'ultimo con cui mi sono vista, invece, era un drogato, alcolizzato, psicopatico e bipolare.-
Silenzio.
Mi sono abbastanza autoconvinta che, ormai, è quello che merito, no?
Relazioni malsane senza logica e senza sentimento, sono il mio forte. Davvero.
Ad essere sincera non mi ricordo nemmeno cosa mi abbia risposto, ma ricordo bene quello che ha raccontato lui sulla sua ex.
E' un ragazzo molto semplice, e ragiona anche abbastanza bene. Sembra tanto un fancazzista, ma in realtà è una persona molto tranquilla.
Io invece cercavo di non comportarmi da sociopatica, dato che quello che accade nella mia testa è da galera.

Al termine della serata, siamo andati verso la piazza, in cerca di un taxi che ci portasse a casa. Lui ha deciso di rimanere con noi. Forse lo ha fatto più per Sofia che per me. Nel senso, ho notato quanto andassero d'accordo, e forse se non fosse stato per Robin di mezzo, sarebbe pure nato qualcosa tra i due.
Sofi abbraccia Ed, lo stringe forte a sé.
Ricordo di aver provato un'immensa tristezza.
Perché ho dannatamente ragione.
Finisco sempre per aver ragione.
Non potrò mai essere la ragazza che si distingue, la ragazza che in realtà nasconde tanta bellezza, sotto quei suoi kili di troppo. Sarò sempre solo: Alana, la ragazza di buona compagnia, ma troppo grassa per combinarci qualcosa.
Credo che lei se ne sia accorta, così ha cercato di riparare la situazione con un -Abbraccio di gruppo!-.
Io non ho mosso un dito, e dato che la corazza ormai me l'ero costruita, me ne sono uscita con un -Ma devo per forza farlo anche io? Non mi piacciono gli abbracci.-.
Sì, certo. Bella scusa.
Così al -Ma smettila!- di Ed, ho lasciato che quell'abbraccio mi nutrisse l'anima, nel profondo. Ho lasciato che lo spirito si addolcisse, e diventasse più soffice, ritirando gli aculei.
Ho appoggiato il visto sulla sua spalla. E mi sono riscaldata col suo stesso calore.
L'attimo.
Due lunghi respiri, e la mia corazza già cominciava a sgretolarsi.

Alle sei del mattino eravamo nel letto, io e Sofi.
Messaggiavo con Ed, che aspettava ancora il pullman alla fermata. Mi sembrava fosse opportuno ringraziarlo, senza lasciarlo del tutto solo, al freddo.
Poi un improvviso sonno mi chiamava. La tristezza cominciava di nuovo a farsi largo tra sentimenti ammalati.
Ho dato le spalle a Sofia, e ho lasciato che una piccola lacrima cadesse sul cuscino.

L'oscurità mi cullava.





venerdì 30 ottobre 2015

N° 3 vs n° 10.

Ok.
Questa dovete proprio saperla.

Stanotte ho dormito poco più di tre ore. Tre. 
Ho bevuto tre caffè.
Ho visto Sofia per tre ore.
Ho pranzato alle tre.
Ma cosa più importante, sono un tre.

Ora vi spiego.
Sofia ha avuto da dire con il ragazzo, perché fondamentalmente è un coglione. Così è uscita prima da scuola. Era nervosa, abbattuta e un po' con la testa fra le nuvole.
Io già avevo inquadrato questo gran caprone che si era scelta, ma, forse un po' per la felicità che vedevo nei suoi occhi, non ho voluto dire nulla. Ma comunque, ci siamo viste e abbiamo riso e scherzato insieme.

-Sai, quando succedono 'ste cose, non c'è cosa migliore che passare le giornate con la propria amica.-
Le ho dato un grande bacio sulla guancia.

Così, prese bene per la serata di domani, abbiamo scherzato con Ed.
Sì, sapete...il ragazzo russo dagli occhi azzurri e il nome impronunciabile. Ecco, lui vorrebbe conoscermi. Perché dalle foto sembro un'altra persona, devo ammettere, e come ogni ragazza che odia il suo corpo, non ho foto di me per intera. 
Perfettissimissimo!
Guai in vista! Yay!
A volte penso di essere una grande bugia. Forse sono la regina dei bugiardi. Avete presente quelle persone che, pur di parlare in chat con qualcuno e di sentirsi socialmente "attive", si fanno foto strafighe, stramodificate per parlare con più gente? Per poi alla domanda "allora, domani ci vediamo? ;)" spariscono dalla faccia della Terra, di Saturno e del Sistema Solare? Ecco, io sono così. Gran bugiarda.

Ma comunque, la sera torno a casa, dopo una lunga giornata.

Notifica su Whatsapp.

"Sofia ti ha inviato un'immagine."

Scorro la tendina, apro la chat.

"                  *FOTO*

Ma quanto è figo in questa foto?!"

Una foto in primo piano del viso di Ed.
Era tutto il giorno che sul gruppo ci inviavamo foto stupide, ed Ed sembrava un ragazzo qualunque, davvero.
Ma ora avevo una foto in primo piano del viso di Ed.
Mi è crollato letteralmente il soffitto, di tutti i sette piani del mio condominio, addosso. 
Sconforto improvviso. Nodo allo stomaco.
Lineamenti perfetti, labbra carnose e accoglienti, pelle chiara, naso perfettamente proporzionato alle guance lisce, il tutto sposato meravigliosamente con occhi profondi e azzurri. 
Credo di aver visto il paradiso, gente.
Sono rimasta a fissare quella foto per non so quanto. Magari erano secondi, ma giuro che mi son sembrati almeno trenta minuti.
Qui arriva il bello, perché, chi volevo prendere in giro? No, seriamente.
Su una scala di bellezza io arrivo per miracolo al numero 3, e lui è il numero 10. Cazzo dico? Ma facciamo anche 1'000'000.
Che speranze ho? A cosa mi aggrapperò stavolta? A quale dannatissima scusa? 
Non avrei mai dovuto ricevere quell'immagine. Mai.

In più, per infliggermi altra sofferenza emotiva, ho di nuovo fatto quella roba del confronto tra foto. Indovinate? Non avrei dovuto nemmeno fare questo, perché ora sono letteralmente divorata dallo sconforto. 
Ho detto persino a Sofia di provarci lei, perché seriamente, io non ho possibilità. Almeno mi tolgo il pensiero.
Ma se prima era impossibile piacergli, ora è proprio fantascienza. 
Sofia per lo meno è bella, fisico mozzafiato, curve al proprio posto, viso dolce. Insomma, tutto quello che io non sono. Lei ha decisamente più possibilità di me.
Come si fa a competere con un 10?
Io sono un insieme di errori, grasso e di cattivo gusto.
Sarò sincera, probabilmente lascerò perdere, come al solito. Perché in questi casi non ho vasta scelta. Opto per la fuga. 
Domani sera, ad Halloween, sarà l'unico ragazzo tra almeno cinque femmine. E attenzione che, con un elemento come lui, le femmine diventano pericolose, tirano fuori gli artigli. Io evito proprio di combattere. Più che un leone sono Leone Cane Fifone.
Guarderà altre, io cerco di rimanere nell'ombra. Cerco di nascondermi, come ho sempre fatto, dietro il mio fantoccio obeso, triste e solo.

Niente scherzi. 

Lui è un dieci.  
 









Lavagnetta, sei davvero magica?

Oggi, giovedì, mi sono svegliata ancora più tardi di ieri. Credo sia iniziata la trasformazione, sto diventando un vampiro, è fatta (spero solo non come quelli di Twilight).
Eppure la sveglia la metto. Sta lì, con la lancetta ferma sulle otto. Ma quando suona e mi sveglio, sento una vocina nella testa che mi dice "tranquilla, dormi". Così la stacco e mi rimetto giù.
Poi cazzo, stavo sognando! Mi stavo facendo fare giusto un tatuaggio lungo la schiena, stamani. E poi nei sogni non sono così chubby.
Chiudo gli occhi.
Il sonno mi abbraccia e...
Il cellulare squilla.
Il cuore mi finisce direttamente in gola, battendo violentemente sotto al cervelletto. Mal di testa. Insulti.

-...pronto?-
-Ciao Alana, sono Gioia! Ti disturbo?-
No figurati, ho appena attentato un omicidio alla sveglia, e c'è la tatuatrice che mi aspetta nel sogno. Ma fai con calma.
-No! Assolutamente no!-
Bugia.
-Volevo chiederti, dove hai messo il guinzaglio?-

Occupo le giornate dilettandomi come dog sitter. Una passeggiata con un cane fa bene all'anima, bisogna dirlo. Aria fresca, lunghe camminate in mezzo ai parchi, paesaggi, pensieri.
Ma io quel guinzaglio l'ho lasciato sul termosifone più visibile della casa. Come si fa a non vederlo?

-E' sul termosifone vicino alla porta d'ingresso.- cerco di fare la voce meno assonnata possibile.
-Ah ok! L'ho visto! Grazie eh! Allora solo oggi non ci sei, domani invece sì, giusto?-
-Giusto!-

Giusto. Porca miseria. Oggi è il giorno più noioso e lungo della settimana.
Teoria musicale. Panico. Terrore.
Mi alzo, sto seduta sul letto, penso. Il mio cane mi guarda, io invece la riconosco a fatica senza occhiali.
Ora mi alzo.
"Cibo", è la parola che mi da la forza. Mia madre ormai è di là che prepara, scalda i miei carissimi e miseri sessanta grammi di pasta integrale. Mi siedo, e mi porta il piatto.
Naturalmente per rendere il tutto più appetibile, ci lancio con violenza altri sessanta grammi di parmigiano, ed ecco: parmigiano alla pasta. Ottimo.
Poi noto che a pranzare sono solo io.

-Mamma, tu non mangi?-
-No, ho mangiato un frutto e bon, non ho fame.-

Ecco, sta roba proprio non riesco a comprenderla. Ma come si fa a non aver fame? Che qualcuno me lo spieghi, perché io proprio non mi capacito di tutto ciò. C'è un modo? Una pozione magica? Un rituale? Una pianta? UN QUALCOSA?
Vado avanti a forza di diete da quando avevo dieci anni, per sta roba. Io la fame ce l'ho ad ogni minuto del giorno. Lo stomaco non mi si chiude MAI. Manco dovessero chiuderlo con qualche supercolla, o che ne so, cucirlo con un filo indistruttibile, fatto con polvere di diamante e acciaio ultraresistente.

Comunque, passata la grande noia del post pranzo, mi vesto. E' ora. E' il momento.
Metto i primi cazzo di vestiti che trovo, proprio non ho voglia di star troppo tempo a prepararmi. Mi lego i capelli, perché sono schifosamente osceni, un filo di trucco e via.
Sul cellulare si parla della festa di Halloween. E' Sofia che ha creato il gruppo su Whatsapp assieme a questo tipo niente male; occhi azzurri, capelli chiari, nome leggermente impronunciabile, che noi semplificheremo in Ed.
Sì, sono presa abbastanza bene, forse perché so già come andrà a finire, no? E' facile. Mi vede e bon, si fa una grassa idea su di me.
Caro Ed, so fin troppo bene come vanno a finire queste cose, ma per una volta vedrò di fregarmene, chissà, magari qualche chupito mi aiuterà.
Ma aspettate, perché prima di uscire mi è venuta l'idea di riprovare il giubotto, quello di una settimana fa.
Oddio, forse si abbottona. Forse la lavagna magica funziona!
Porca troia!
Miseriaccia!
E' letteralmente esplosa la cerniera.

Ok, lavagnetta, parliamone. Ti ho scritto in grande "HAPPINESS", non "LASAGNA TRIPLA BESCIAMELLA DI MAMMA".
Ogni mattina scrivo il numero di giorni che son passati dall'ultima volta che mi sono abbuffata, al di fuori della dieta. Il numero di giorni che mi porteranno verso la felicità. Ma chissà quante volte dovrò ripartire da zero. E' vero che sono passati solo otto giorni, perché il secondo capitolo è di una settimana fa, ma vuoi dirmi che non ho perso nemmeno un kilo?
Tra l'altro non lo saprò mai, essendo che la bilancia ha deciso di non funzionare.
Coincidenze? Io non credo.
Comunque, insulti a parte, la lavagnetta a volte svolge il suo dovere.
Quando la mia fame comincia ad animarsi, quasi come fosse posseduta, guardo la lavagnetta e penso "Non posso sgarrare. Non ho voglia di ripartire dal numero uno."

Funge...

...per adesso.



Dato che soffro di ipercontrollo e ipercontrollo emotivo (segnatevi questi altri disturbi), sono scesa circa mezz'ora prima per evitare di perdere il bus, sotto casa mia. Sì, proprio sotto. Se vi affacciate vedrete la fermata a nemmeno venti metri.
Con me ho tutto il necessario: il mio libro, i miei appunti degli anni scorsi, una penna, una matita, e una gomma a forma di baffi. Teoria Musicale, ti batterò.

Così arrivo tutta sudata (perché per colpa del mio spesso strato di lardo, anche d'inverno, a -30°, sudo), naturalmente troppo in anticipo. Giro un po' intorno all'edificio, come una malata di Alzheimer che ha perso la via per la clinica e...vedo gente sospetta.
Entro, ok.
Non c'è nessuno, a parte il tipo secco alla segreteria, che mi saluta con una voglia di vivere che probabilmente ha fatto cadere nel water mentre si abbotonava i pantaloni. Cammino lungo il corridoio, la poltroncina mi chiama, mi siedo.
E man mano che aspetto seduta, coprendomi quello scempio di pancia che ho da Buddah, arriva gente: i miei compagni di classe.
Siamo un po' più di una decina. Otto bambini, due ragazzi, un sessantenne, una peruviana, una che ha avuto problemi con l'eyeliner, e una chitarrista con una parlantina fin troppo fastidiosa. L'insegnante invece lo conosco, e mi sta simpatico da morire!
Per tutta la durata della lezione non ho fatto altro che trovare sicurezza negli occhi dell'insegnante. Ci parla di musica, ed è un po' come sentirsi a casa.

Non vedo l'ora di tornare il prossimo giovedì.

Cosa? Davvero l'ho pensato?

Torno a casa pensando alla stessa cosa. Voglio tornarci. In quella stanza, in parte, sono come me. Stessa passione.
Guardo la lavagnetta, sorrido.

Saprò farti vedere di cosa sono capace.






giovedì 29 ottobre 2015

II

Solita giornata.
Mi sveglio, tardi, naturalmente. Mi alzo, confusa come un pesce in una boccia, poi saluto il mio cane, felice del mio risveglio.
A volte penso che mi creda morta, o che ne so, in una specie di letargo infinito. Così scodinzola un po', mi lecca un po' le mani, un po' la faccia e comincia a seguirmi ovunque. Forse non è nera a caso.
Ma comunque, chiunque si starà chiedendo che fine abbia fatto il primo capitolo. Non lo so. Nel senso, sentivo di dover scrivere dal secondo. Il primo capitolo della mia esistenza è davvero troppo lungo, gente. Così ho avuto la grande idea di non scriverlo affatto. Le cose le saprete man mano, leggendo intere giornate di un'adolescente lagnosa e un po' folle: Alana.
Davvero, credo mi manchi qualche rotella. Penso sia per il fatto che, più o meno, tutti abbiamo questa specie di scintilla nella testa. Che ogni tanto infiamma il cervello e bon, tutto si fotte. La mia è decisamente una fiamma.
Sarò volgare a volte. E per questo mi odierete.
Sarò pensierosa. E per questo vorrete non leggere più.
Ma tutto fa parte di me. Ogni dannata parola sarà la mia. Quindi, silenzio che cominciamo.
Dicevo, ogni mia giornata parte quasi sempre così. Tardi. E il primo pensiero di ogni adolescente è una persona. Sì sapete no? Gli amori, le cotte, gente che va, gente che viene. Un sorso d'ansia già di prima mattina, insomma. Che poi è ormai pomeriggio.
Il punto è che a me vengono in mente circa cinque persone appena sveglia, così di botto. Forse di più. Anche perché la notte ne sogno almeno il triplo.
Quindi il mio cervello già fuma, e fa rumore almeno quanto una mietitrebbia.
Ah, ma dimentico mia madre.
Arriva da lavoro, all'ora di pranzo, con la sua solita vocina allegra. Tiene in mano qualche busta della spesa, con dentro solo roba salutare, o almeno pare.
DIETA. Ecco un altro pensiero che comincia a farsi spazio tra la folla dentro il mio cranio. Sbuffo un attimo. Ed ecco che arriva la fatidica domanda che mi fa letteralmente perdere le staffe: "ma sei arrabbiata?".
Dovete sapere che ho rabbia per chiunque. Chi vuole si metta in fila.
-No.-
Secca. Decisa.
-Non è vero. Cosa è successo?-
Appena sveglia, cosa può essermi successo? Cosa?
-Nulla!-
Ok. Ora ha la faccia incazzata.
E così comincia un'altra schifosissima giornata.
Vado in bagno, mi chiudo e cerco di prepararmi, o almeno cerco di non sembrare la classica cicciona da McDonald, con qualche macchia di ketchup sulla maglietta.
Con grande fatica mi tolgo il pigiama, e con altrettanta fatica mi guardo allo specchio. E' più forte di me, vorrei non guardare, ma un occhio ce lo butto sempre. Almeno per assicurarmi di non essere diventata chissà quale oscenità.
Ma osceno è dir poco.
Ho persino i rotolini di ciccia sulla schiena!
Vogliamo parlare delle braccia? Pendono pesantemente verso terra, ed è proprio in questo momento che odio la gravità più di ogni altra cosa.
Il sedere decisamente enorme, bucherellato dalla ritenzione e dalla cellulite. E poi, smagliature. Smagliature ovunque. Ma che scherzo della natura sono?
Dannati dolci, dannata pizza, dannate torte!
Cerco di non vomitare e mi vesto. Poi arrivo al trucco. Almeno il trucco dai!
La mia faccia è guardabile, almeno. Gli occhi mi piacciono. Mi hanno detto spesso che sembrano quelli di un cerbiatto.
Quindi, una volta captato il punto di forza, lo esaltiamo.
La gente dovrà tener fisso lo sguardo sugli occhi. Non sui fianchi, non sul sedere, non sulle gambe. Sugli occhi.
Perfetto. Sono pronta.
E' arrivato il momento di tirar fuori il giubotto dell'anno scorso. Oggi fa troppo freddo.
Pensavo giusto ieri di evitare di mettere quello rosso, lungo, dato che mi fa sembrare una campana. Provo quello verde militare, corto, ma abbastanza caldo da non farmi venire una broncopolmonite.
Ma veramente?
Veramente non mi si chiude? 
Manca un dannatissimo centimetro, dannazione!
Questo è l'esatto momento in cui scopro di essere ingrassata, ancora. Ancora.
Lancio malamente il giubotto sul letto, e sinceramente vorrei buttarmici sopra per strapparlo e dargli fuoco. Ma forse l'unica a cui dovrei dare fuoco sono io, almeno brucio calorie.
Scintilla. Nella testa. Cervello che si infiamma. Solita roba. Solita rabbia.
Infilo la prima cazzo di felpa, nera naturalmente, ed esco con mia madre.
Il viaggio in macchina è silenzioso, ma il momento più bello della giornata. Il momento in cui infilo le cuffie e ciao mondo. Lo scorrere inesorabile delle immagini sul finestrino attiva un'altra parte del mio cervello: quella dell'immaginazione. Dove la mia mente da sfogo ad ogni tipo di sentimento, dove tutto esplode senza far rumore. Immagini, persone. Il tutto accompagnato da musica rock, alternata a note di malinconia pura. L'esatto momento in cui posso essere chi voglio. Magari alta, magra e bella. Ben voluta da chiunque, desiderata da ogni uomo sulla faccia della terra. Un po' bella è impossibile.
Ma mia madre è scesa dalla macchina, e siamo arrivate.
Così ci prendiamo un caffè insieme al bar. Lei è silenziosa, un pò incazzata. Io pure. Ma a volte vorrei capisse che non ce l'ho con lei. Posso avere o no il diritto di sentirmi in crisi ogni tanto? Cioè, capisco che capita la maggior parte delle volte, ma dannazione, sto così e basta!
-Ci vediamo dopo.-
Dice. Mi bacia.
Sbuffo. Saluto il barista e mi dirigo da Sonia.
Sonia mi fa accomodare sul divano. Ma ormai è abitudine e lo faccio da sola. Lei sorride, sempre.
Incredibile, vorrei essere come lei.
-Come stai? Che mi racconti?-
-Mh, insomma, bene.-
Parto sempre così. Prima "abbastanza", "insomma", e poi "bene". Ma mi prendo per il culo da sola?
-Ti sento. Cosa succede?-
-Nulla, solita roba. E' di nuovo un periodo un po' così.-
Sì, mi prendo per il culo da sola.
-Racconta.-
Prende taccuino e penna.
Ora? Da cosa parto?
-Questa settimana non riesco a tenermi, mi abbuffo di sovente. Mangio con foga, di fretta e con rabbia.-
-Secondo te come mai?-
Ma non credi che se lo sapessi forse riuscirei anche a trattenermi?
-Non lo so. Passo troppo tempo a pensare a cose non belle, e poi vedo le mie amiche...mi sento un po' sola.-
Sola. E' quella parola che mi fa salire il magone e mi si ficca come masso sul petto.
-Hai trovato lavoro?-
Nessuno sa, a parte Sonia, che sono letteralmente terrorizzata dal lavoro. Una volta, mentre lavoravo in nero per un'estetista, mi è persino venuta un'ansia tale da farmi licenziare nel giro tre giorni. Mi si chiudeva la gola, e respiravo a fatica. Così, dal mattino fino la sera. Al che, essendo leggermente ipocondriaca, ho pensato stessi per morire. Una roba tipo tumore ai polmoni. Un mese, e via sotto terra.
Una volta licenziata, i sintomi passarono del tutto. A Sonia lo avevo raccontato. Diagnosi? Ansia da prestazione. Ah, cominciate a segnarvi i disturbi, ne ho un po'.
-No, non ancora.-
-Capisco la tua paura. Ma hai bisogno di fare cose, e poi ormai sei grande, è ora di fare progetti. Come va col canto? Hai iniziato teoria?-
Anche qui. Dovete sapere che la musica è la mia vita. Quando canto entro in un altro mondo, tutto svanisce. Così frequento delle lezioni in una scuola di musica, e il mio insegnante è un grande esempio, ma soprattuto un grande sostegno morale. Il punto è che ho delle lezioni di teoria musicale incluse nel corso, e devo essere inserita in una classe. Ciò significa persone, persone significano paranoie, e paranoie significano ansia, ansia amplificata a mille.
-Devo ancora chiedere per teoria, canto l'ho iniziato lunedì.-
-Dici che la musica sia la tua vita, ma non fai nulla per far sì che sia vero. Il saggio non l'hai fatto, perché "no, viene il mio ex a vedermi, e poi non voglio immaginare ciò che penserà la gente di me", teoria nemmeno perché "no, non voglio immaginare cosa penserà la gente di me". Allora come si fa? Se resti seduta sul divano a guardare le cose passare, non cambierà la situazione. Ti fai già i film prima che le cose accadano realmente.-
Eccolo lì, il mio solito sguardo fisso nel vuoto. Come se la giustificazione perfetta arrivasse da un momento all'altro come per magia, e mi salvasse da questa situazione.
-Chiederò per teoria.-
-Sarà meglio!- scherza -Comunque sto cercando di farti entrare in terapia, ma come ti ho già detto, non è facile essendo che non abiti qui.-
Aspetto con ansia e terrore quella possibilità. Terapia di gruppo. Dove un gruppo di persone, oltre la taglia 52, parlano delle loro esperienze. Persone come me. Un posto dove non sentirsi sporchi, dove non sentirsi diversi. Ma quella possibilità forse ora non c'è.
Sonia ormai non può più fare molto. Devo essere seguita da un gruppo di persone specializzate in disturbi alimentari. Da infermieri, medici e psicologi. Anche se, devo dire la verità, ogni volta che esco dal suo studio mi sento svuotata, completamente. Come se vomitassi un pranzo troppo pesante. Così scendo e passo da mia madre in negozio.
Sono sicura che se mi vedrà sorridere, starà più tranquilla.
Entro in negozio ed ecco che c'è, Loris, il figlio del titolare.
Cazzo. Ho la faccia da psicopatica, i capelli tirati su. Proprio oggi doveva venire in negozio?
Un grande -Ciaaaao- ed entro dalla porta d'ingresso. A volte cammino quasi in punta di piedi per sembrare più delicata. Ma forse non mi rendo conto che in realtà sembro un ippopotamo che cammina su un vecchio parquet.
Lui sorride, ricambia il saluto e si avvicina per chiedermi qualcosa.
Sicuramente il numero. Oppure il contatto facebook. Dai.
-Come va?-
Dai.
-Bene tu?-
-Bene! Un po' stanco, stasera dovrei uscire con amici, ma non sappiamo che fare.- sbuffa.
Sicuramente ora mi chiederà di uscire con lui e i suoi amici. Suvvia.
Io accenno una risata.
Silenzio.
Ali, dì qualcosa dannazione.
-Magari un pub?-
-Sì è una buona idea! Oppure in centro e bon, la finiamo lì. Solo che dopo un po' il centro è noioso, sempre i soliti locali. Ma sicuramente finirà così la serata.- ride.
Rido.
Rido. RIDO?! Cosa cazzo rido a fare? Dì qualcosa. 
Silenzio infinito.
-Ragazzi andiamo?-
Il padre di Loris deve chiudere negozio, è praticamente ora di cena, e io ho perso l'occasione di parlare con il figlio. Ansia.
Ci salutiamo, e bon. Un applauso all'impavida Alana.
Macchina + Cuffie = Film mentali al finestrino dell'auto.
Le luci della sera aumentano la mia capacità d'immaginazione. Passa una canzone di Sharon Van Etten, infinitamente triste. Scintilla. Cervello in fiamme ma il cuore è gelido.
Perché tutti possono assaporare il gusto dolce dell'amore?
Eccola lì, la domanda. Io le uniche cose dolci che sento sono le merendine che mi faccio fuori la notte. Sono stanca di dover combattere da sola. Troppo esausta. Voglio sentire anche io l'abbraccio caldo di qualcuno d'importante. Voglio sentirmi apprezzata, e non sola. Non più.
Dannata sia io, e dannato sia il mio corpo. Il problema è solo lui. E' colpa sua se sono sola, se tutti mi guardano con disprezzo, e se nessuno si avvicina.
Forse nemmeno io stessa mi amerei, diciamoci la verità.
Voragine enorme alla bocca dello stomaco. Una strana sensazione sale fino alla testa.
-Mamma, stasera prendiamo la pizza?-
-Sì, perché no.-
Il problema di mia madre è che a volte non sa dirmi di no.
Mezzanotte. Sono ancora piena per colpa della pizza gigantesca che mi sono presa. Perché poi succede così, figuratevi se prendo una margherita, suvvia! La sensazione? Fallimento. Perché è quello che sono. Poi un pensiero veloce: Loris. Gli occhi. Il sorriso. A volte, da brava adolescente incallita, metto a confronto una mia foto con una serie di ragazzi che mi piacciono. Così, per vedere quanto potrei starci bene. Ma solo la faccia. Se dovessi prendere una mia foto dove sono intera, probabilmente mi urlerei io stessa che merito di star sola.
Così, solita giornata. Finisco per mettermi sotto le coperte alle quattro del mattino, dopo aver mangiato qualche schifezza presa di nascosto dalla dispensa. Prima di addormentarmi passano mille pensieri, film su storie impossibili, amiche, ragazzi. Anche pensieri da ipocondriaca abituale quale sono. Qualsiasi cosa di osceno passa prima dalla mia testa. Morte. Grassa. Malattie. Grassa. Solitudine. Grassa. Ragazzi. Grassa. Alana. Grassa. Alana. Pazza.
Sonno. Quiete.