lunedì 29 febbraio 2016

Aggiornamatto.

E siamo qui.

Più vado avanti coi giorni più mi rendo conto di quanto sia un caso disperato. Mi guardo attorno e vedo solo gente "normale". Un po' mi annoia la cosa, ma ci sono io a tenermi occupata, dai.

Cara Alana, ti ho lasciata un po' nella gabbia, maledizione. L'adorata parte oscura del mio cuore, che ogni tanto torna a farmi visita, come per dirmi <<Io non smetto di esistere.>>. Eh sì, non smetti mai di esistere, e probabilmente morirai con me. Ma a chi importa? Avrò cura anche di te, non ho paura di farti visita. Ho sempre fatto ritorno dall'inferno, e non capisco perché dovrei arrendermi proprio ora.
Parlo come se fossi una specie di eroina, e forse lo sono. Sono l'eroina della mia storia. Mica banane!

Ma parliamo dell'argomento Naturhouse. Allora, è passato praticamente un mese e...attenzione...ho perso 5 kg. Sì, di liquidi. Ma li ho persi comunque! Quindi buono così! Ora sarebbe utile cominciare a fare un po' di movimento, ma mi sento ancora una specie di balena arenata per muovermi e fare qualcosa di seriamente utile per il mio fisico. In più ultimamente la mia salute mi sta salutando da lontano sventolando la manina, dato che la mia schiena è abbastanza scassata per il peso, e il mio collo teso per lo stress. La dottoressa l'ha chiamata cefalea di tipo tensivo: muscoli tesi e doloranti della testa e del collo. Infatti succede una cosa strana, tipo che se tocco o sfioro una parte della fronte mi duole dietro, sulla parte occipitale, e non nel punto dove premo. La cosa mi diverte. Tipo trucchetto magico. Sì...ora rido, ma fino a qualche mese fa pensavo di poter morire per chissà quale strana malattia.

Pazzia portami via, ciau.





mercoledì 17 febbraio 2016

Fucking Psycho

Così ero finita in quella fottutissima specie di relazione. Lui lo chiamavo Psycho, perché le sue alterazioni continue di umore mi facevano pensare non fosse poi così mentalmente stabile. Non che io lo fossi. Ma insomma, era un misto tra odio e ammirazione (più che amore), quella che provavo per Psycho.
Lui sapeva suonare la chitarra. Da Dio.
Ah, ma prima che fosse Psycho, lui era Mathias, il ragazzo che mi piaceva. Mi aveva persino detto che con l'esperienza aveva imparato ad apprezzare le persone per quelle che erano, internamente, nel profondo. Ma non avevo visto che nel suo, di profondo, c'era rimasto solo marciume.
Oh, ma io ero attratta da quella sottospecie di talento psicopatico. Così fiero di quel suo IO tirato su con tanta rabbia, così grande in quella sua anima rimasta spoglia e sporca. Dannazione, a me piaceva. Era una sorta di rimasuglio di un piccolo uomo che pensavo di poter tirar su. Lui aveva talento! Ma questo l'ho già detto.

Aspettavo la sera, perché Psycho, nella sua totale follia, si faceva sentire solo dopo cena, manco fosse un cazzo di rito. Una sera incazzato, l'altra felice, l'altra ancora malinconico, e quella dopo orgoglioso. Io servivo di più o di meno in base al suo umore, e così variava il numero delle sue risposte in base ai giorni...oh scusate, in base alle SERE.
Io mi adattavo, perché pensavo di poterlo salvare.
Mi immaginate? SuperAli in un altro dei suoi fallimentari tentativi nel cambiare qualcosa.

Così una volta ogni tot di mesi ci si vedeva, in stazione.
Lui arrivava. Quasi gli mancava del sangue sulle mani e sulla maglia per assomigliare ad un serial killer, ma era così che mi attraeva: uno psicopatico maniaco serial killer un po' rockettaro. Io mi limitavo a sorridere.
Sapete, ad ogni uscita con qualsiasi ragazzo, il mio corpo decide quasi di immobilizzarsi, manco fossi il manichino di qualche grande magazzino. Ma va così.
Psycho era una mitraglietta di cazzate, che tra l'altro mi facevano ridere, e io ero la brava ragazzaccia assuefatta da ogni sua parola e sguardo. E mentre ascoltavo pensavo "se mi muovo di un centimetro in più il rotolo sotto le mie tette avrà modo di farsi vedere e Psycho deciderà di non volermi amare", così camminavo coprendomi la ciccia con la borsa.
Io DOVEVO piacere a quella specie di chitarrista, dannazione, DOVEVO diventare la donna di quel musicista rockettaro sexy, pieno di passione e (magari) successo!

Ma Mathias nascondeva qualcosa.
Mathias nutriva una doppia personalità.
Mathias era chitarrista, talentuoso, il solito belloccio da palcoscenico, ma quasi buono.
Psycho no. Psycho era il chitarrista ubriaco di whisky e drogato di un vecchio sentimento d'amore lacerato più volte, incarognito e rabbioso. Così dannatamente folle.
Impazzivo. Piangevo. Lo aspettavo. Attendevo. Perdevo sonno. E piano piano cominciava a mangiarsi anche il mio di umore. A cosa servivo? A cosa gli servivo se non potevo né farlo stare meglio né peggio?
Non sapevo su quale sua cazzata basarmi. Qual era il vero sentimento di Psycho?
Perché una volta mi baciò di sfuggita, prima di prendere il treno, come nei film, e correndo giù per le scale si pentì del bacio appena dato. Lo disse.
Ma un giorno mi baciò ancora. Io frenata da chissà quale paura, lo respinsi. Così mi convinse, con una delle sue farse:  "ti prometto che farò in modo di non farla finire male!". Sì, non sarebbe finita male, ma sarebbe finita comunque. L'aveva detto.
Che aborto di illusioni mi facevo.
Era due persone, non poteva esserci spazio per un terzo. Non si sta in tre, o di più. Lui era già pieno da solo.

Ah, Psycho. Aveva finito la routine dei messaggi dopo cena con quella bambasciona di Ali. Così, dopo ben due settimane, avevo sospetti, molto forti. Dopo un mese vidi la sua foto profilo di Facebook: abbracciato amorevolmente con una specie di fotomodella un po' bambola, un po' gotica.
Eccolo lì Psycho.
Fanculo, la carogna era salita a me stavolta.
Psycho non amava, suvvia. Era figlio del diavolo, quello. Era la copia sputata di quel delinquente di suo padre.
Ma ora avevo anche io l'ennesimo sentimento lacerato. Sembrava quasi li collezionassi.

Ok, ammetto che Psycho superava il limite della pazzia, ben più in là del mio. Ma io avevo comunque qualcosa che non andava. I miei sentimenti erano malati. Si attaccavano sempre lo stesso virus, si ammalavano e morivano. Per non parlare di quello che succedeva ogni volta dentro quella testa che mi ritrovavo. Il caos. I miei pensieri avevano la necessità di doversi aggrappare per restare in piedi, o cominciavano ad oscillare e a fare casino, per poi frantumarsi. Forse ero Psycho anch'io. Forse eravamo la stessa persona. Lui, la mia copia caduta in qualche specie di depressione da post "rottura di felicità". Peccato lui fosse ormai fatto, andato, impazzito. Io ancora nuotavo alla deriva per salvarmi.

Forse salvavo lui per salvare me stessa.
Forse salvavo lui sperando, una volta in salvo, salvasse anche me.
Forse salvavo lui per distruggere me stessa.
Ah chi lo sa.
Giuro però di essere più vicina alla riva.

mercoledì 3 febbraio 2016

NECROSI

Ora vi dirò una cosa, ovvia forse.
Non importa quanto diate di voi stessi a una persona, non importa quanto facciate per la sua felicità. Perché non sarete mai ricompensati a dovere, o almeno, questa storia vale per me.
Il cuore grande è una condanna. Lo riempiresti di affetti fino a farlo scoppiare. Anche affetti marci. E quando marciscono intaccano anche quelli buoni, e il cuore va in necrosi.
Non mi sento più di voler bene a nessuno. Sono stufa marcia di fidarmi di persone che alla prima difficoltà ti voltano le spalle come se nulla fosse. Non credevo possibile che un bene così grande potesse diventare più simile all'odio che ad altro.
Forse Alana rimarrà sola, forse lo è già. Ma non smetterò mai di vivere, perché arriverà il giorno in cui rivendicherò ogni cosa che mi è stata tolta.
Imparate a fidarvi solo di voi stessi, il mondo è dei furbi, non dei buoni.
E forse la mia rabbia è talmente tanta che finirò per essere detestabile. Ebbene, detestatemi. Comincio a non sopportare più nulla di voi: gente con il destino dalla sua parte. Cercate aiuto in me per trovarlo, consigli, parole. Io do tutto, e alla fine? Una volta che la ruota gira per voi "della mia cara amica Alana, chi se ne frega!".
Vorrei gioire per voi, e forse l'ho fatto per tanto tempo, ma voi avete smesso di farlo per me, perché l'egoismo esiste in ogni essere umano.
Le ferite cambiano le persone.
Il dolore muta ogni cosa.
La rabbia acceca.
Non me la sento più di riempire ancora il mio cuore. Vorrei svuotarlo, come si fa con un secchio colmo d'acqua. Non mi importa più. Ciò che è perduto, è perduto.

martedì 2 febbraio 2016

Scintilla? Chi va là?

Allora.
Sono obesa, ciau.
Quindi non ne posso più di essere così, e aspetto da sempre un miracolo, del tipo:

Mi sveglio una mattina, mi stiracchio dolcemente, alzo le coperte e scopro di essere un fuscello. Così, un po' tanto sorpresa e scioccata, vado dai miei amici e familiari a raccontare l'accaduto. 
-Sono magra!-
-Perché, sei mai stata grassa?-
A quel punto i miei occhi brillano di una luce nuova, piango di gioia e scopro di aver vissuto in un incubo, fin troppo duraturo per i miei gusti. 
Fine.

Fin dalla tenera età sono sempre stata un po' rotondetta.
A tredici anni sono ingrassata di ben 30 kg nel giro di un anno, tanto che la mia professoressa, preoccupata, chiamò i miei genitori.
Il perché? Ho cominciato a sfondarmi letteralmente lo stomaco di dolci e patatine. A volte sola, a volte con le mie amiche. Il perché invece di tutto questo? Non lo so. Ho sempre nascosto tutto ai miei genitori. La plastica, o la roba che avanzava durante l'abbuffata, la nascondevo in dei punti della mia stanza dove sapevo non sarebbero mai andati a frugare. E quando la notte stavo sveglia più del dovuto sapevo dove trovare una delle mie barrette al cioccolato e caramello. Avevo persino trovato il modo di scartare la confezione senza far rumore. Mi sentivo una specie di "ladra". Tutto aveva un nascondiglio, tutto aveva un piano ben preciso. Sapevo quando andare a comprare la roba, da dove prendere i soldi, con chi condividerla, dove nasconderla, dove mangiarla e come mangiarla. Mi sentivo sporca, ma continuavo a farlo, anzi, continuo a farlo.
Un giorno mia madre trovò tutte le carte, le confezioni intere di barrette finite, di merendine, patatine, Nutella, e quant'altro.
Si arrabbiò.
Smisi di comprare cibo a sua insaputa.

Ma è esistito un giorno in cui ho sentito quella scintilla di cui parlano molti. E' nata da dentro, e per sbaglio mi son sentita rinata. Da allora ho cominciato un percorso con una nutrizionista.
Ho perso 20 kg.
Li ho ripresi (anche di più).
E ora mi ritrovo qui.
Mi ritrovo, dopo tanto, con la voglia di ricominciare qualcosa. Non so se parlarvi di scintilla, ma è più la voglia di lottare che mi da la forza.
Venerdì sono stata da Naturhouse con mio padre. Quindi ora "seguo" una specie di schema, di quello che posso e non posso mangiare, e la quantità di quante volte posso mangiare determinate cose durante la settimana. In più mi hanno dato delle fiale diuretiche da mettere nell'acqua.
Vi aggiornerò quindi  martedì sulla visita che andrò a fare, e se avrò perso qualcosa.
Ora, non so quanto sia giusta o sbagliata, il punto è che provo anche questa, che a quanto mi sono informata è abbastanza valida. Chiedo solo una cosa: Destino, porca puttana, sii clemente almeno stavolta, grazie.

Ok, passo e chiudo.

(Man mano racconterò più dettagli e tutto il mio percorso. Stay tuned.)